Il mercato che non si dimentica

Il 30 novembre mattina un raid russo ha colpito un mercato nella provincia di Idlib, nel nord-ovest della Siria. Meglio ripetere: un mercato, nella provincia, di Idlib, in Siria.
Questa notizia sono riuscito a captarla da un comunicato dell'Ansa; da lì non ho più sentito nessuno parlarne. Ora, però, la stessa agenzia c'informa che la fonte è l'Osservatorio siriano per i diritti umani (non un Pincopallino qualsiasi) e che tutti i media locali hanno ripreso la notizia (più o meno come abbiamo fatto noi con l'attentato parigino).

Il primo elemento che salta agli occhi è che continuiamo, imperterriti, a fare delle profonde differenze tra morti; continuiamo, ostinatamente, a maledire certe violenze e a tacere su altre. Ancora: tutti, praticamente tutti, hanno commentato che a Parigi si è attaccato in un luogo pubblico, nel luogo del divertimento, della nostra "libera civiltà". Ma la nostra civiltà non s'è risparmiata di andare a bombardare un mercato, il luogo pubblico per eccellenza, dove il divertimento non è il fine, ma il companatico.
Abbiamo mai camminato in un mercato? Gli odori, i colori, i volti, le mani gridano l'energia stessa del vivere: c'è chi lavora per vivere e chi compra per vivere. C'è dialogo: a volte si urla, a volte si tace. A volte si è complici, a volte si è ladri. E' il turbinio paradossale nel quale navighiamo da quando siamo nati.
Ebbene, nel mercato di una remota provincia siriana, i russi hanno ucciso 44 persone; ovviamente è un numero parziale.

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Il secondo elemento riguarda la diffusione della notizia. Volevo scrivere questo post appena letta la notizia. Poi ho pensato che sarebbe stato meglio aspettare, ma dovevo tenerlo a mente, perchè non c'era nessun giornale a ricordarmelo. Sono riuscito a riprendere la notizia con qualche parola chiave su Google, perchè non si trova più in nessuna prima pagina di giornali-web. Era meglio aspettare perchè così non avrei scritto d'istinto, perchè la notizia potesse continuare a girarmi dentro, e perchè anche voi poteste guardarla non più come una notizia (che, in quanto tale, passa, è sempre nuova), ma come un fatto, un contesto, un modo di fare, un frammento di storia di questa Terza Guerra Mondiale a pezzi.

Ultimo elemento: se i media siriani hanno ripreso la notizia come noi per Parigi, non è difficile immaginare una percezione della guerra totalmente all'opposto. E, ditemi, questo non è forse il presupposto perchè l'opinione pubblica, col proprio silenzio, sostenga la guerra?
Dovremmo ricordare che c'è sempre una prospettiva che ci sfugge e la nostra è davvero troppo piccola.


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