Resistere al niente

di Luciano Iannuso

La Liberazione porta con sé, ininterrottamente, tutte le forme rinnovate ed acconciate di fascismo. Ed è per questa ragione che qualcuno ricorre ancora al vano tentativo di trasformare questa giornata nazionale in altro, a distrarci deformandola, a stravolgerne il senso, a depauperarla della sua profonda attualità; come se il 25 aprile fosse soggetto a voci, come se quello che siamo oggi, quello che oggi possiamo, non discenda direttamente da quella data e da quelle persone che ce l’hanno donata a prezzo della propria vita e della propria libertà.

Le cronache dei giorni nostri ci indicano chiaramente che la nostra strada è Resistere al niente.

C’è il niente di senso. Quella ricorrente cantilena, a mo’ di sirena, che con una mano ci costringe ad ingurgitare che niente c’è di buono per noi, niente per cui valga la pena vivere, scommettere se stessi, sbilanciarsi pericolosamente per qualcuno o per una causa che supera la nostra persona e le nostre pretese egoistiche; dall’altra ci serve su un piatto d’argento, a basso prezzo, una ben più misera allegria: quella di accontentarsi di attaccare un giorno appresso all’altro, senza mai levare lo sguardo, senza un fremito di vita, senza paura e quindi senza coraggio, senza dubbi quindi senza certezze.
Ci ripeteranno che non abbiamo il senso della realtà, ma a costoro ricorderemo che essi non hanno il senso dell’umano.

C’è il niente di diverso. Perché possiamo tenere ben a mente di non dover mai essere un’eccezione. Eccezionali, letteralmente. Dobbiamo poter rientrare in qualche categoria, perché al contrario non saremo comprensibili e quindi gestibili, manovrabili. Non dovremmo forse resistere e difendere la nostra libertà di essere noi stessi? Non dovremmo chiederlo per ciascuno, oltre che per noi?
Alla fine crediamo di essere diversi, ma anche noi ci affezioniamo a qualche categoria in cui ci sentiamo a nostro agio, per sfuggire alla possibilità di conoscerci e con ciò correre il rischio di non essere compresi. Preferiamo così trovare un tipo per tutti coloro che ci passano accanto, così da coltivare la comoda illusione che infondo siamo tutti uguali, tutti mediocri allo stesso modo.

C’è niente di memoria. È tutto nuovo, sempre. È tutto un continuo aggiornamento, uno scaricamento dati incessante, che scarta con leggerezza chi e cosa c’era prima. Dobbiamo guardare sempre alla novità perpetua, mai fermarci ad osservare che il nuovo appena passato era già vecchio prima che noi lo cogliessimo. Siamo sempre sospinti un passo avanti alla nostra persona, perché se cominciassimo a godere della presenza a noi stessi potrebbe anche piacerci, ma non spenderemmo invano i nostri soldi e non voteremmo per chi compensa con le sue parole le nostre frustrazioni. Peccato che il prezzo di ciò è che viviamo come se non ci fosse un passato, e allora ci sembra che ogni giorno si ricominci da capo. Senza sosta, aggiornati, alla giornata.
Eccitante prospettiva, ma solo per poco, fin quando ci accorgiamo di essere condannati alla noia, fin quando ci è sottratta ogni occasione di meraviglia di ciò che è stato e di ciò che può essere.

Ci sarebbe ancora molto niente da portare alla luce, ma ciascuno saprà fare questo lavoro per se stesso. È indubbiamente molto difficile trovare il niente, ma è talmente tanto diffuso ai giorni nostri, che un po’ di acume e il desiderio essere liberi per ce lo farà vedere nel suo misero apparente bagliore.

Il fascismo vuol dire far finta di niente; noi ci siamo evoluti affezionandoci al niente, abbiamo quasi imparato a credere che è perfettamente congeniale alla nostra natura.
Sarà forse tempo di fare resistenza, di difendere ciò che umano. Ripenseremo noi stessi: oltre ciò che possiamo prendere, per quello che possiamo dare!
Se qualcuno riderà di noi, dirà che siamo sognatori, o dei poveri sciocchi, noi risponderemo: “fa niente!” oppure “fa’ niente!

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