Caro Babbo Natale...



di Luciano Iannuso

Caro Babbo Natale,

sono presuntuoso e meschino, lo so. Presuntuoso e meschino perchè pretendo di scriverti una lettera alla mia età, togliendo tempo a qualche lettera più interessante scritta da qualche bambino.
Però ho una giustificazione: ti scrivo anche per quei circa cinquanta milioni di bambini nel mondo che non sanno scrivere; e per quelli che non hanno un pezzo di carta; e per quelli che non conoscono il tuo indirizzo; e ti scrivo anche per quelli che non ti scriverebbero niente, perché iniziano a non sopportarti più.

Per questo Natale vorrei chiederti due cose, due cose contro. La prima è contro l'ovvietà, l'altra è contro l'indistinzione.

Anzitutto mi piacerebbe scoprire che nessuno si accontenti di quello che gli viene detto o di quello che è capace di dire a se stesso.
Vorrei che ciascuno, me per primo, ogni tanto scegliesse di ricominciare da zero, senza dare nulla per scontato, rimettendo in discussione ogni minima certezza. Sarei contento di vedere tutte le persone prese nel motivare il perché di certe scelte, di certe posizioni, di certi pensieri. (E non per forza a parole!)
Vorrei un mondo fatto di bambini; esattamente di quei bambini rompiscatole che, dopo averti fatto una domanda, ricevuta la risposta, ti chiedono: "ma perché?", e poi così all'infinito.
Ecco sì: vorrei persone che fanno domande, che si fanno domande; che non si accontentano di quello che ascoltano, che non si abbandonano ai propri pensieri credendo che siano i migliori di sempre. Chi fa domande è mezzo pieno e mezzo vuoto, sempre. Perciò è così affascinante.



Ma, ancor di più dell'ovvietà, mi piacerebbero persone che sappiano fare la differenza.
In tutte e due i significati.
Che sappiano essere diverse, che si distinguano. Ma pure che sappiano fare gli opportuni discrimini.

Mi piacerebbe che ciascuno possa sentirsi libero di cercare se stesso, senza doversi perdere in una qualsiasi etichetta. Il mondo si sta riempiendo di tante minuscole persone imprigionate in piccole celle costruite con le proprie stesse mani (ma progettate da qualcun altro); che non sa neppure di quanto sarebbe ancora in grado di crescere; che ha venduto il proprio sviluppo alla sicurezza di una piccola cella.
Sarebbe bello trovare più spesso persone che non ricadono nell'ovvietà, di quelli che se osservassero stessi non saprebbero dire "Io son fatto così", perché non sanno chiudersi in un aggettivo. Perché è ormai chiaro: nessuno, ma proprio nessuno, sa chi è davvero una volta per tutte. Quando ci chiudiamo in qualche piccola cella, in realtà, mentiamo a noi stessi.

Ma poi, caro Babbo Natale, c'è bisogno di persone che sappiano guardare la realtà e dividere le cose le una dalle altre. Come quando la maestra ci diceva che non si possono sommare le mele con le pere. Al massimo ti viene una macedonia...ma non è che sia poi così buona se la devi correggere con lo zucchero!
C'è bisogno di distinguere tra chi sbaglia e l'errore, tra musulmani e terroristi, tra politici e politica, tra fede e religione, tra arte e disastri, tra parole e parlanti, tra parole e parolacce, tra forma e contenuto, tra razza e razzismo. E si potrebbe continuare ad oltranza.
Solo le cose che sono ben delineate possono essere valorizzate e valutate per se stesse. Quando tutto è uguale, tutto va bene e allora niente va bene, niente ha senso; neppure noi stessi.

Lo so, Babbo Natale: la mia lettera è davvero noiosa.
Ma forse anche questa è un'ovvietà a cui ti sei piegato...


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